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EDITORIAL / FEATURED

Il Chianti al gusto di Cola

Chianti vs Gallo Nero


Vorrei un buon panino al parmigiano ma dal gusto di cheddar, accompagnato da un calice di Chianti, quello dalla retro olfattiva di Coca Cola.

Piccolo trattato di filosofia economica-alimentare

Eppur si muove, quello spirito soave pien d’amore che va dicendo all’anima sospira…

Così diceva il poeta. E così faremo… sospireremo! Non ci resta che fare questo, non ci resta che sottometterci, ancora una volta, all’ennesima vittoria di un “capitalismo gustativo” dalla retro olfattiva di cane bagnato!!

Abbiamo fallito! Ne stiamo pagando le conseguenze, oggi e domani più che mai.

Abbiamo fallito perché ci siamo prefissi come unico obiettivo il soddisfacimento personale, a discapito di tutto il resto.

Abbiamo preso la nostra Terra e fatta prostituire secondo la legge del più forte, secondo il potente di turno, senza pensare agli effetti. Cerchiamo, invano, di porre rimedio ma ci si nasconde dietro un velo trasperente e… ci si vede tutti!

Ci si vede così bene che talvolta non ci proviamo nemmeno. Spudorati e convinti, parliamo di virtù come qualità e tradizione ma siamo ancora una volta stupratori di noi stessi, deformando un pensiero talmente bene da renderlo quasi virtuoso e condivisibile!

Eppure non è più possibile! Non possiamo, ancora, sottometterci ad un destino annichilito, distruggendo ciò che di bello abbiamo per il solo obiettivo di: incontrare il gusto del dollaro.

Il contesto

Siamo nel cuore della Toscana, immersi nel verde delle colline del Chianti, una tra le più storiche e controverse denominazioni d’origine Italiane.

La sfida è tra due consorzi che da quando la separazione burocratica e storeografica – del 1924 – li ha, appunto, “sdoppiati” sono diventati i porta bandiera di una toscanità a stelle e strisce.

Per carità, ad ognuno la propria strategia.

Dunque, ci risiamo: Chianti vs Chianti Classico

Il primo avanzerà l’istanza per l’approvazione, da parte di Regione Toscana, Ministero dell’Agricoltura e Commissione Europea, della modifica di 8 articoli del proprio disciplinare di produzione. Con la seguente sintesi:


con il nuovo disciplinare nasce il Chianti Gran Selezione, il top della qualità dei vini Chianti.


Colore rosso rubino intenso, tendente al granata con l’invecchiamento, odore speziato e persistente, il Chianti Gran Selezione avrà una gradazione alcolica minima più elevata (13 gradi), e un invecchiamento di almeno 30 mesi. In particolare si guarda al mercato cinese e americano. E’ vietato il fiasco.

Il secondo (Chianti Classico) si “lamenta”, più o meno come segue:


Preme ricordare che la Gran Selezione, presente sul mercato dal 2014, è unicamente una tipologia di Chianti Classico, ideata dal lavoro esclusivo del Consorzio Vino Chianti Classico.


la Gran Selezione, peraltro con caratteristiche identiche a quelle della Gran Selezione Chianti Classico, come il grado alcolico, i tempi di invecchiamento e il divieto di uso del fiasco, e la certificazione obbligatoria per le transazioni di sfuso.

Le critiche mosse dal consorzio del Gallo Nero

Il canto del Gallo è stato forte e schietto. Condivisibile!

Il consorzio del Chianti Classico non è stato certamente tollerante a questa proposta di modifica del consorzio del Chianti, in primo luogo per i motivi legati alla scelta della dicitura “Gran Selezione” e poi perché tale scelta viene a pochi giorni di distanza da un’altra proposta che vede l’aumento del tenore zuccherino del vino Chianti, con la presunta intenzione di allinearsi ai gusti dei mercati esteri, prevalentemente quello cinese ed americano.

Condivisibile due volte!

Le critiche del Il Gusto Relativo

Lasciando da parte la questione legata al’uso della terminologia, la domanda che ci si deve porre è: perché? Un consorzio come quello del Chianti ha davvero bisogno di queste modifiche?

Quali sono i benefici che ne potranno trarre i produttori? E quali quelli che la Terra ne trarrà?

Cosa cambia, se cambia, nella produzione di un Chianti venduto a 2 euro e cosa in uno da 20?

E’ così importante “incontrare il gusto” dei mercati americano e cinese? Perché se non lo è la domanda è banalmente soddisfatta. Se invece è importante, qual è il valore aggiunto che gli si dà? “Il gusto dei mercati americano o cinese” cosa diavolo significa??

La tipicità, la toscanità, la tradizionalità di una terra stracciate per una ricetta da laboratorio! Una ricetta, peraltro, che date le circostanze, cambierà.

Conclusioni

La prima obiezione potrebbe essere di questo tipo: non è detto che un produttore debba per forza produrre una Gran Selezione. Beh… obiezione accordata ma quanti decideranno di non farla dal momento che si può fare?

L’altra è legata al gusto. Chi dice che non sia “giusto” o “organoletticamente sbalgiato” incontrare il gusto dei mercati ed ancora: chi dice che lo si debba per forza incontrare?

Anche nel secondo caso l’obiezione è accolta!

Eppure una burocrazia che si lambicca la testa per produrre e vendere Chianti al gusto di Coca Cola, quando, invece, dovrebbe regolamentare – sopratutto i produttori più indisciplinati – le proprie materie prime e trasformazioni con vincoli di economia sostenibile e rispetto del territorio, è una burocrazia incomprensibile, una legge che ha fallito in partenza!

Volete un panino?

Probabile, però, che tutti quanti si abbia voglia di nuotare a Venezia con in bocca un bel panino al parmigiano dal gusto di cheddar ed un bel calice di “Chianti Cola” (che non ci abbia già pensato una multinazionale di bevande energetiche…?).

ma forse va bene così.

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