L’espressione del territorio di Olevano Romano e del loro Cesanese “Collepazzo”. Lorella e Piero, un sogno diventato realtà.
Le storie appassionanti
In queste pagine, nei nostri articoli, non idolatriamo mai i produttori! Per correttezza verso di loro, verso i nostri lettori e verso di noi. Scriviamo, ci appassioniamo a tutte le collaborazioni e da esse traiamo le nostre conclusioni ed anche buona parte della nostra conoscenza. Quindi, questo, sarà l’ennesimo articolo appassionato e sincero, un articolo che racconta una storia!
Parto dicendovi che i vini di Lorella e Piero mi son piaciuti, molto! Per complessità, franchezza e immediatezza… Ma partiamo dall’inizio.
Era l’anno ventitré (non 1923, nemmeno 1823… Proprio l’anno 23 del calendario Gregoriano…!), nasceva a Como Plinio il Vecchio. Un uomo dall’insaziabile curiosità, mosso dall’impeto della scrittura!
No dai, stavo scherzando… 🙂 Facciamo che correva l’anno 2006.
Lorella e Piero
La nazionale di calcio italiana stava per aggiudicarsi il suo quarto titolo mondiale – proprio a casa degli storici rivali tedeschi – e i giornali di tutto il mondo erano pronti per i grandi titoli che avrebbero incoronato quella squadra come la più forte di sempre… seppur con riserva, perché le tenebre di calciopoli erano ancora molto profonde.
Negli studi di Report, si continuava a cercare, indagare su fatti e misfatti della nostra società. Fatti che riguardavano, ovviamente, anche le faccende legate alla nostra nazionale di calcio, i propri dirigenti ed i dirigenti di molte delle società del football italiano. Questa, però, non è la nostra storia!
La nostra storia parla di Piero e Lorella, due autori RAI, che dopo tutto il lavoro fatto per Report sullo stato dell’agricoltura italiana, si sono accorti che in quel pezzo di terra che già lavoravano – vicino Roma – stavano custodendo uno scrigno di biodiversità. Il sogno stava per iniziare!
La filosofia
Per scelta, per interesse, studi e sensibilità l’azienda Riccardi Reale abbraccia da subito un approccio biodinamico, cercando, inoltre, di mantenere una filiera corta anche per la selezione dei concimi naturali e in generale di preparati agricoli per il sostentamento della vigna.
Una percentuale ridotta di solfitazione, selezione massale del Cesanese, preparati 500 e 501 presi a venti chilometri dall’azienda, sovescio e fermentazioni spontanee, sono solamente alcuni dei metodi di lavoro di Riccardi Reale, che ogni anno misura i livelli di conservazione storica di piante ed insetti.
Insomma un approccio del tutto naturale, convinto ma mai superficiale. Metodo ed attenzione sono alla base del processo di produzione dell’azienda, che come obiettivo primario ha la trasformazione di una materia prima – l’uva – per il conseguimento di un prodotto che non solo sia organoletticamente buono ma che lo sia rispettando il territorio e l’uomo… bravi!!
La degustazione
Il vino in degustazione è stato il loro Cesanese di Olevano Romano riserva 2015 cru “Collepazzo” – d’Affile 100%. Un vino che ha un’unghia che vira già verso un mattone rosso, sintomo di un’antocianina ancora in ottimo stato ma che ha ormai oltrepassato il suo picco cromatico. Saggia!
Un naso dall’ottima complessità mi stupisce per varietà olfattiva e precisione. Apre con questa ciliegia matura che si scioglie all’interno di una soluzione terziaria che fa spazio a un cioccolato balsamico dal tocco di menta e liquirizia; un accenno di viola in seconda battuta che ci avvia verso una chiusura di cuoio e boisè con qualche sfumatura terrosa che marca il vino in maniera evidente all’interno di una metrica biodinamica più comune.
Ingresso in bocca morbido e piacevole – i polialcoli in questo caso aiutano sia nel gusto che nel tatto – succoso e spumeggiante, per merito di una buona acidità che lo sorregge e gli assegna struttura, la quale si inspessisce, senza eccessi, grazie a un tannino leggero e che non indugia troppo sulle parti della bocca.
Un vino che abbinerei a tanti piatti – molto diversi tra loro – ma fra tutti, anche per una tradizione regionale, ho scelto un gran bel piatto di trippa alla romana. Perché? Il tannino di questo vino, leggero e rapido nel suo lavoro astringente, si abbina perfettamente alla giusta succulenza del piatto, “pulendo” quella sua sensazione un po’ viscida – tipica delle interiora.
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